26 maggio 2013

AUTODIFENDIAMOCI



Ci sono dati statistici che fanno rabbrividire per la loro tragicità e per il risvolto sociale che manifestano. Per esempio i dati sulle violenze alle donne, che da una parte ci danno il freddo numero delle vittime, dall’altra offrono uno specchio drammatico di una realtà socio-culturale distorta, di una mentalità ancora arretrata in cui il maschio si arroga il diritto di picchiare o uccidere la sua compagna solo perché donna. Le conseguenze fisiche e psicologiche sono drammatiche, come lo sono in un altro fenomeno giovanile: il bullismo.
Per prevenire questi fenomeni l’Amministrazione Comunale ha organizzato, assieme all’Ass. ADRA CLOSE COMBAT di Udine, dei corsi di difesa personale che si stanno svolgendo nella palestra. Non ci soffermiamo sulle scelte personali che avvicinano ad uno sport piuttosto che ad un altro, ma vorremmo fare due considerazioni sulle scelte dell’Amministrazione e sulle parole che hanno accompagnato tali scelte.
In una lettera datata 1° marzo e rivolta alle famiglie venzonesi si legge: “Come Amministrazione di Venzone crediamo che la riflessione sia un punto fondamentale di partenza. Ma che da quel punto bisogna iniziare a lavorare per accrescere il senso civico della popolazione [...]. Vorremmo dare alle donne e ai nostri giovani almeno degli strumenti per potersi difendere [...]
Non crediamo che dei corsi di autodifesa possano essere il modo migliore per accrescere il senso civico della popolazione, né tanto meno la soluzione alle aggressioni fisiche e verbali: manca, appunto, la riflessione. I corsi anti-aggressione ci insegnano sicuramente a difenderci, ma sono in grado fornirci la forza psicologica per difenderci dal nostro compagno, marito, figlio? In Italia, infatti, nei casi di violenza denunciati, per l’85% il colpevole risulta essere il marito o compagno. Nei casi di bullismo poi questi corsi possono aiutarci ad affrontare il compagno che ci maltratta, ma ci aiutano a rafforzare la nostra autostima interiore, ancora in formazione? Noi crediamo che per alleviare questi fenomeni non serva solo proteggere le eventuali vittime, ma piuttosto fermare gli aggressori. Anzi riteniamo questi messaggi alquanto dannosi perché continuano a delegare alle potenziali vittime tutto il peso della prevenzione, dando per scontato che la violenza ci sia e che non possa essere fermata alla fonte, ossia aiutando gli aggressori a contenere e ad elaborare la loro rabbia.
Tornando alla lettera di cui sopra, si legge ancora: “Come Amministrazione non possiamo educare i nostri ragazzi, perché questo è compito della famiglia prima di tutto e della scuola, poi.“
Sconcerta leggere queste parole, preoccupa verificare ancora una volta l’indifferenza da parte di chi governa verso la propria responsabilità civica; avvilisce constatare che gli amministratori attuali considerino assolto il loro ruolo quando amministrano economicamente un ente, senza preoccuparsi di educare una società e senza riflettere su come loro stessi potrebbero invece essere determinanti nella crescita culturale. 
Un’amministrazione seria e veramente attenta a queste tematiche avrebbe agito diversamente. Come? Per esempio cercando di destrutturare gli stereotipi di genere, sensibilizzando ed informando sul fenomeno della violenza sulle donne, sul come riconoscerlo, prevenirlo e contrastarlo individualmente e nella società, organizzando serate con esperti, organizzando teatri o proiettando film sull’argomento, suggerendo libri da leggere, comunicando servizi e uffici regionali che aiutano le vittime ad uscire dalla loro paura, creando una rete di sostegno locale coinvolgendo anche le forze dell’ordine.
Non siamo i soli ad avere questa idea di responsabilità politica: gli enti e gli esperti che quotidianamente si occupano di queste tematiche, così come le associazioni nate per proteggere e tutelare vittime di soprusi, chiedono con forza un impegno ed un’azione concreta da parte di chi governa.
Sulla Convenzione NO MORE contro il femminicidio (elaborata da associazioni  e presentata alle Istituzioni) infatti si legge: “La chiave del contrasto alla violenza sulle donne in ogni sua forma consiste: nel cambiamento radicale di cultura e mentalità,  [...] e nell’intervento delle Istituzioni che sono tenute a prevenire, contrastare e proteggere con politiche attive, coerenti e coordinate tale fenomeno”. Sempre su questa convenzione si denunciano “le risposte insufficienti, casuali e discontinue, provenienti dalle Istituzioni sul fenomeno e il silenzio istituzionale sul persistere di una diffusa rappresentazione stereotipata e svilente delle donne”. 
Insomma le istituzioni mancano del tutto o sono carenti. Qualcuno potrebbe ribattere che un comune piccolo come Venzone non può far niente a tal riguardo, noi diciamo invece che potrebbe dare un segnale. Piccoli enti hanno scelto di aderire e pubblicizzare la Convenzione NO MORE; è un’adesione simbolica ma che sensibilizza l’opinione pubblica aiutando a riflettere e a capire.
E’ da questi piccoli segnali che nascono le rivoluzioni culturali che trasformano una società. Un amministratore deve pensare sempre che qualsiasi scelta, parola, atteggiamento egli adotti educa i cittadini, anche e soprattutto i giovani, e dovrebbe agire di conseguenza. Sarebbe altresì importante che percepisse quello dell’educazione come un onore/onere morale, altrimenti si priva dell’aspetto più elevato del suo mandato.
Ricordiamoci che siamo noi cittadini a scegliere chi ci amministra: difendiamoci da amministratori che non ritengono di dover educare i giovani, che pensano di non avere il compito di trasmettere loro esempi e valori e che, quindi, nella funzione pubblica adempiono sterilmente ai loro compiti.

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