22 marzo 2012

RICETTE ANACRONISTICHE



Si avvicina l’8 marzo, ovvero la “Festa della donna”, giornata in cui a livello mondiale si ricordano le conquiste sociali, politiche ed economiche del sesso femminile, ma anche le discriminazioni, i soprusi, le violenze che tuttora deve subire.
Alcuni dati: in Italia le donne possono votare dal 1946 (solo per statistica: le norvegesi dal 1913, le russe dal 1917, le turche dal 1923) e la festa si celebra dal 1922; nel 1946 è comparsa per la prima volta la mimosa che poi ne è diventata il simbolo. Internazionalmente viene celebrata nella giornata dell’8 marzo dal 1975, dichiarato “Anno internazionale delle donne”. Dati diversi e più drammatici: in Italia, in base all’ultimo sondaggio ISTAT (2006), quasi un terzo della popolazione femminile, tra i 16 ed i 70 anni, è stata vittima di violenza. Di queste, più di un milione sono state stuprate e in 9 casi su 10 lo stupro non è stato denunciato; una donna su sette ha subito violenza dal marito, dal fidanzato o compagno. Nel 2011 (da fonte Emergency) in Italia le donne italiane rimaste uccise da uomini che conoscevano e frequentavano - anch’essi tutti italiani - sono state 97, la media è quasi due a settimana!
Nella legge italiana le norme che regolamentavano il delitto d’onore sono state abrogate nel 1981 e soltanto nel 1996 lo stupro è diventato finalmente un crimine contro la persona e non un reato contro la moralità pubblica e il buon costume. 
Negli ultimi anni i diritti duramente conquistati, le battaglie e le sofferenze subite per ottenerli, hanno lasciato il campo ad un aspetto indubbiamente più commerciale della ricorrenza. Ma non c’è solo questa perdita, se diamo un’occhiata all’immagine odierna della donna ci accorgiamo che è stata volgarmente mercificata, degradata a semplice velina, a corpo da sfruttare per aumentare ascolti televisivi, da usare in cambio di un lavoro e popolarità (pensiamo alle cariche politiche offerte dal precedente governo a ministri e segretari femminili in cambio di balletti, feste e cene private).
In questa decadenza della figura femminile si può vedere anche il degrado di una società, ma purtroppo in tutto questo è complice la donna stessa che passivamente ha accettato di farsi strumentalizzare in tv, sui giornali, nei doppi sensi degli slogan pubblicitari, nei tabelloni lungo le strade, sui cubi delle discoteche, permettendo di usare il corpo femminile senza evidenziare che, dentro, c’è una mente e una sensibilità. 
Per fortuna un anno fa, proprio in questi giorni, le donne si sono destate dal torpore e sono tornate in piazza per rivendicare e riconquistare questo aspetto, staccandosi dal binomio donna-velina. Tuttavia il movimento “Se non ora, quando?” se da una parte può rallegrarsi nell’avere un governo con delle donne ministro scelte finalmente per la loro capacità e non per prestanza fisica, dall’altra parte deve lottare quotidianamente contro soprusi di vario genere esercitati da chi dovrebbe tutelare i diritti. Uno degli ultimi attacchi viene pubblicato ad inizio dicembre sul quotidiano “Libero” (giornale di partito della Lega Nord) con il titolo “Togliete i libri alle donne: torneranno a far figli” dove si suggerisce tale soluzione per aumentare la natività del nostro paese e contrastare così anche l’immigrazione. La “ricetta” suggerita è di “chiudere alcune facoltà” e impedire la scolarizzazione delle donne, e cioè delle nostre stesse figlie, delle nostre fidanzate, delle nostre mogli. Quindi la donna tornerebbe ad essere solo una macchina sforna-figli privata della sua capacità di conoscere, pensare, decidere; privata del piacere intimo che la lettura può regalare; privata del piacere della scoperta e della conoscenza; svuotata di talento, potenzialità, professionalità. Ne consegue un’idea di maternità non più frutto di scelta d’amore, ma come gesto meccanico, privo di quella sensibilità e di quell’affetto che solo una donna può provare e trasmettere.
Questo partito, che nei suoi slogan politici ha spesso denigrato culture e religioni a noi diverse, accusandole di arretratezza (magari solo perché i volti delle loro donne sono celati sotto veli), non si accorge che queste affermazioni svelano il reale valore assegnato al suo interno al genere femminile, e dunque anche a mogli, figlie, colleghe. 
L’augurio che vogliamo rivolgere alle donne è di riappropriarsi della consapevolezza del proprio ruolo, nella vita quotidiana così come nella scelta politica di chi poi ci dovrà rappresentare; di pretendere che siano le competenze ed i meriti, non l’aspetto fisico, la chiave per ottenere un lavoro; di essere anche coscienti che il proprio sguardo e la  sensibilità femminile possono influenzare decisioni importanti. Quante madri manderebbero il proprio figlio al macello in una qualsiasi guerra?

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