17 marzo 2013

EDITORIALE


C’erano una volta le “servitù militari”. Consistevano in pesanti limitazioni nell’uso del territorio. La presenza di numerose caserme, le opere fortificate diffuse, gli ostacoli posti alla realizzazione di infrastrutture ed opere pubbliche condizionavano lo sviluppo economico della nostra regione. 
Per fare un esempio, si sosteneva, non sappiamo se a ragione, che la scelta di superare il Tagliamento, fra Venzone a Pioverno, con una passerella pedonale in luogo di un più agevole ponte stradale, fosse determinata appunto da esigenze militari. Il più comodo passaggio del fiume, offerto all’eventuale invasore, non risultava compensato dai vantaggi operativi per il nostro esercito pur considerando che, in caso di ritirata, era comunque consuetudine distruggere i ponti, come nel caso del leggendario puint brusât *.
In sostanza le servitù militari erano mal sopportate dalla popolazione perché, conclusa la prima guerra mondiale, rimasero incombenti anche durante il ventennio fascista, piuttosto diffidente verso il futuro alleato. Anzi divennero più gravose con la costruzione del vallo Littorio e, a maggior ragione successivamente, durante la guerra fredda, quando le Alpi Orientali si presentavano come l’ovvio terreno di scontro fra i due blocchi contrapposti. Ricordiamo gli appostamenti scavati nella roccia in val Lavaruzza e il misterioso “Clapon” posizionato nel mezzo del Tagliamento -baluardo contro il nemico o sfida alla corrente del fiume?-
Con la caduta del muro di Berlino lo scenario politico-militare è mutato completamente. Non siamo più la fortezza alla soglia del deserto dei Tartari. I confini sono spariti, le autostrade ci portano nel cuore dell’Europa (le ferrovie meno, per loro demerito) e godiamo di una situazione di pace e di libertà di movimento che, in passato, soltanto l’Impero Romano e quello Asburgico, per poco tempo, avevano reso possibile.
Di questo passato recente oggi ci restano alcune caserme abbandonate, utilizzabili soltanto a prezzo di trasformazioni onerose ed il Poligono di Rivoli Bianchi. Leggerete in altra parte del giornale considerazioni molto circostanziate sull’argomento. A noi qui interessa sottoporre ai venzonesi due aspetti del problema.
Il primo riguarda il ripristino del territorio, cioè l’accertamento della responsabilità amministrativa ed economica di tale operazione che comporta la bonifica dei terreni e la demolizione o trasformazione degli edifici. Venzone ha sopportato disagi e limitazioni nell’interesse della intera Nazione. Non tocca ai venzonesi sostenere le ulteriori spese delle riconversioni.
Il secondo concerne la funzionalità stessa del Poligono e la sua compatibilità con gli insediamenti abitativi, con lo sviluppo turistico ed il rispetto dell’ambiente. Un piano di dismissione, articolato in tempi ragionevoli appare la risposta più logica. E’ interesse delle stesse Forze Armate, che non possono certo insistere su una localizzazione stretta fra abitati e vie di comunicazione, trovare uno spazio più idoneo per l’addestramento.
Nelle prossime elezioni regionali le scelte dei venzonesi saranno condizionate dalle risposte delle forze politiche sull’argomento.    

Loris Sormani

* Ponte di legno, coperto, largo ben 5 metri, costruito dalla Serenissima nel 1790-92 e bruciato dagli austriaci, incalzati dalle truppe napoleoniche, il 12-13 maggio 1809. Univa le sponde del Tagliamento all’altezza del magazzino comunale e della borgata di Vale. La strada ripassava il fiume in località Cason riducendo di tre miglia il percorso fra Venzone e Tolmezzo.

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