18 maggio 2012

EDITORIALE



All’inizio del 1933, a un secolo dalla costruzione della strada Pontebbana, l’Azienda Nazionale Autonoma per le Strade Statali iniziò a programmare l’apertura della Variante esterna alle mura di Venzone. Oggi ci sembra impossibile che il traffico delle vetture e degli autocarri si incrociasse in Piazza del Municipio e davanti al Duomo. Se non ci fossero le immagini del film “Addio alle armi” che ha ricostruito le vicende della Grande Guerra nel nostro territorio, non riusciremmo neppure ad concepire il brulicare di veicoli d’ogni genere e di soldati che percorrevano Strade e Piazze del Centro Storico. Certo allora si trattava di una situazione limite, ma quindici anni dopo, il traffico dei veicoli a motore aveva raggiunto l’intensità del periodo bellico ed era ormai diventato incompatibile con le strade della cittadella. E’ strano che non sia rimasta traccia di lamentele da parte della popolazione o degli amministratori per il disagio ed il pericolo anzi, come vedremo, il progetto di portare la statale all’esterno trovò resistenze. In un quadernetto che raccoglie gli articoli di stampa dell’epoca, da chi scrive rinvenuto fra le carte di famiglia ed oggi depositato presso la Biblioteca, si legge sotto il titolo “VENZONE - Sulla rettifica della strada statale” a firma di “ellequ” noto venzonese, un accorato lamento che, utilizzando argomenti eterogenei e, a volte piuttosto singolari, tende a scongiurare il pericolo incombente. Citiamo un passaggio che riguarda, diremmo oggi, la fruizione del bene culturale. “Non v’è chi non conosca Venzone per le sue antiche opere d’arte, né chi, attraversando la cittadina, non si soffermi ad ammirane le bellezze artistiche. Ora perché la si vuol tagliare fuori dal mondo, con la costruzione di una strada esterna, togliendo queste bellezze allo sguardo dei forestieri? [...] Nella strada, che speriamo non si costruirà fuori dall’abitato, i turisti certamente non sosteranno a guardare una vile targa che verrà eventualmente posta ad un qualunque crocicchio [...] mentre ora, colpiti dalla bellezza di questi edifici posti nel primo lembo d’Italia, essi vi si fermano ad ammirare estatici un saggio di quelle opere d’arte che attestano nel mondo la grandezza della Patria nostra.” Considerando poi l’aspetto economico, il cronista osserva che il costo dell’opera “dovrebbe essere assai rilevante tenendo conto di un solo fatto, e cioè, che oltre all’espropriazione dei fondi [...] si dovrebbe costruire un altro ponte sul Venzonassa. Gli sventramenti, invece, nell’abitato (ahi, ahi, ahi, a Venzone per la Pontebbana nel 1832 furono sacrificati il ponte medioevale- quello dello stemma- le torri nord e sud con le rispettive porte e ottanta metri di facciate) non dovranno farsi che in pochi punti e senza soverchi danneggiamenti, il ponte c’è ed all’occorrenza non avrebbe bisogno che d’essere abbassato (cioè tecnicamente distrutto)[...]”. Per quanto riguarda la sicurezza degli abitanti emerge che “se con la strada esterna si volesse ancora evitare il pericolo per l’incolumità pubblica, possiamo dire che nella cittadina non è mai accaduta alcuna disgrazia e tanto meno ciò potrà accadere quando saranno stati allargati i punti che si possono ritenere pericolosi.” Leggere oggi queste considerazioni ci provoca raccapriccio. Vi immaginate cosa sarebbe Venzone se avesse prevalso l’auspicio del cronista? Edifici, appena celebrati come glorie della Patria, sventrati lungo tutto l’asse nord-sud, TIR, autobus e trasporti speciali contro i balconi o incastrati fra le case, e il tutto senza incidenti e senza vittime? Per fortuna hanno prevalso il buon senso ed un sana preveggenza. Ci siamo rapidamente abituati, con sollievo e gratitudine, alla minacciosa novità della variante esterna! Vogliamo trarne una piccola morale? Accettiamo che il nuovo possa essere migliore di ciò a cui siamo abituati ed a cui ci sembra pericoloso rinunciare? Qui da noi i vecchi solevano dire “si è simpri fat cusì” attingendo l’acqua alla fontana per la cucina e per lavare i panni, ma poi hanno gradito l’acqua corrente in casa e calda, per giunta. Per non parlare poi della lavatrice e della lavastoviglie!
Loris Sormani

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