23 febbraio 2011

PAR SIMPRI SOTANS





                                                                                                    


















Attualmente sulla cultura, a tutti i livelli, grava una sorta di sospetto di inutilità, se non addirittura di nocività. Gli investimenti pubblici, salvo isolate e lodevoli eccezioni, quando possono penalizzarla, lo fanno senza alcuna esitazione, ignorando (o forse sapendo troppo bene) che è il livello culturale che distingue un popolo di cittadini da un popolo di consumatori.
In Italia fare cultura, frequentarla, sostenerla, sta diventando un vero e proprio atto politico.
Eppure non è sempre stato così: i nostri nonni e i nostri genitori riconoscevano il valore della cultura come mezzo di promozione sociale, anche se nella maggior parte dei casi non avevano avuto la possibilità di accedervi. Invitandoci a studiare ci dicevano che restando nell’ignoranza non c’era alcuna possibilità di progresso o di riscatto materiale e morale della persona, che saremo sempre rimasti solamente dei sotàns
Oggi invece chi parla di cultura è quasi sopportato con fastidio, gli viene contrapposto il “fare” ad ogni costo, magari senza adeguate valutazioni e senza ripensamenti. 
Anche Venzone, che per storia, arte, posizione geografica, architettura dovrebbe ambire a diventare un centro promotore di convegni, mostre e attività, non si sottrae a questo clima diffuso. 
La vicenda dei fondi stornati dalla ricostruzione della chiesa di S.Giovanni, che sarebbe dovuta diventare un edificio multifunzionale per conferenze, concerti e attività museali al servizio dei cittadini venzonesi, è emblematica del livello di attenzione pubblica alla cultura.
Sono inoltre sotto gli occhi di tutti il lento degrado del centro e delle frazioni, l’approssimazione di certe soluzioni raffazzonate, la sciatteria, lo scarso senso del decoro urbano, il mancato rispetto del Piano per l’arredo urbano del Centro Storico e l’assenza di chi dovrebbe farlo rispettare. In poche parole è sotto gli occhi di tutti la mancanza di volontà e di progettualità che vadano oltre il mantenimento dello status quo. Certamente non è solo responsabilità dell’Amministrazione Comunale: anche i cittadini sono chiamati a fare il loro dovere civile, a contribuire a rendere bello e vivibile il Comune, a denunciare abusi e irregolarità. 
E’ giunto il momento quindi di rivolgere un appello ai cittadini, alle associazioni e alle forze locali di buona volontà affinché riprendano in mano il futuro della nostra cittadina, si propongano scenari su come vorremmo fosse Venzone e il suo Comune tra dieci o venti anni, si prospettino soluzioni (anche di basso costo e a medio-lungo termine) di riqualificazione ambientale, si progetti un turismo di qualità e di modesto impatto, non il “mordi e fuggi” attuale dei pullman. Se queste indicazioni non arrivano dall’Amministrazione, allora significherà che dovranno venire dai cittadini volenterosi, consapevoli delle loro possibilità e della loro forza. Forza di idee, opposta ancora una volta all’ignoranza nella quale li si vuole tenere facendo loro credere che “ignorante è simpatico”, oppure che “ignorante è popolare”, quando ignorante è invece solo sinonimo di inconsapevole, buono per il giorno delle elezioni e nulla più. 
Riprendiamoci Venzone, così come se la sono ripresa le centinaia di cittadine e cittadini venzonesi che nel 1976 si sono opposti alle ruspe e alla omologazione, richiedendo ed esigendo di dire la loro sulla ricostruzione, che volevano fosse eseguita con criteri filologici. 
Venzone, oggi come allora, è dei suoi cittadini, e non di qualsiasi Amministrazione o associazione di categoria. 

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