Sicuramente sono in molti, fra i nostri lettori, quelli che già conoscono Amnesty International, organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, il cui fine è quello di promuovere, in maniera indipendente, imparziale ed ovunque nel mondo, il rispetto dei diritti umani sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani.
L’organizzazione ha ormai varcato la soglia del mezzo secolo da quando, il 28 maggio 1961, l’avvocato inglese Peter Benenson le diede vita lanciando una campagna per l’amnistia dei prigionieri di coscienza attraverso un suo articolo, intitolato “I prigionieri dimenticati”, in cui raccontava la vicenda di due studenti portoghesi arrestati per aver brindato alla libertà.
Ad oggi Amnesty, che ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1977 per l’attività di “difesa della dignità umana contro la tortura, la violenza e la degradazione”, conta due milioni e ottocentomila soci, sostenitori e donatori in più di 150 paesi. La Sezione Italiana conta circa 80.000 soci. Il suo simbolo, che in tanti sicuramente hanno visto, è una candela nel filo spinato, una luce che ostinatamente rimane accesa, laddove si riesca a tener viva la speranza di giustizia.
L’occasione che ci spinge proprio in questo momento a parlare di Amnesty è una notizia che, oltre che per conoscenza diretta dell’organizzazione, traiamo dal blog contegemona (www.contegemona.it), una notizia che a nostro avviso merita di essere condivisa e resa nota. Ebbene, nel 2012 “il gruppo gemonese di Amnesty International, ha raccolto 47.503 firme e sostenuto 139 azioni, tra appelli e campagne. Una media di 130 firme al giorno, il risultato di un lavoro di squadra di decine di persone, coordinate dal referente locale dell’associazione Massimo Vitti.” Un risultato davvero eccezionale, cui anche tanti venzonesi hanno contribuito. Un risultato che parla di solidarietà ed attenzione che non si curano di confini e differenze.
Partecipare è semplice, anche attraverso il sito (www.amnesty.it), per unirsi a quanti si ribellano alla violazioni dei diritti umani sollecitando l’opinione pubblica, dando visibilità e risonanza alle vittime delle violazioni, facendo pressione su governi ed autorità attraverso la raccolta di firme, l’invio di cartoline, telegrammi, lettere, fax, messaggi di posta elettronica non facilmente ignorabili da parte dei destinatari.
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