Si è spenta il 4 maggio, dopo breve ma inesorabile malattia, Maria Pia Rossignani, ordinario di Archeologia classica presso l’Università Cattolica di Milano, dove ha profuso per cinquant’anni le sue doti di ricercatrice intelligente e di insegnante generosa. Fu tra i primi ad accorrere a Venzone, dopo il terremoto del 6 maggio 1976, per contribuire con la sua professionalità all’opera di recupero del patrimonio culturale, insieme a un qualificato gruppo di ricercatori, storici dell’arte, restauratori, giuristi, che rinnovarono – anzi intensificarono – il loro impegno culturale anche dopo le repliche sismiche del settembre successivo. Partecipò quindi all’avvio di quello straordinario processo di ricomposizione del centro storico di Venzone che valorizzò, senza pregiudizi, straordinarie risorse umane e utilizzò, con onestà e trasparenza, importanti contributi materiali, configurando un autentico modello morale d’intervento sui beni architettonici, storici e artistici colpiti da catastrofe. Nell’ambito dell’attività promossa dal Comitato Internazionale per il ripristino del Duomo di Venzone, istituito nel 1979 dall’Arcidiocesi di Udine, coordinò il capillare lavoro di riconoscimento e catalogazione delle pietre dell’edificio crollate, coinvolgendo nell’impresa – ritenuta artatamente utopistica da dilettanti e profittatori – numerosi suoi collaboratori ed allievi. Relatore in numerosi convegni e animatore d’incontri, dibattiti, conferenze e mostre sulla ricostruzione in Friuli, Maria Pia Rossignani contribuì in maniera significativa a far conoscere ben oltre la cerchia delle nostre mura il “progetto Venzone”, perché se ne potesse discutere ai livelli più ampi e qualificati, collaborando in maniera significativa alla pubblicazione d’interventi scientifici di cui anche la Associazione “Amici di Venzone” e la Fabbriceria del Duomo hanno beneficiato. Il suo rigore professionale è stato sempre sorretto, anche da noi, da un’intransigente passione politica, che la portava a un lucido impegno per quelle che, generalmente, erano considerate le “cause perse”, che anche attraverso il suo paziente lavoro, al contrario, si trasformavano in cause vinte. Chi ha avuto poi il privilegio di conoscerla personalmente, sa quanta gentile amabilità abbia sempre caratterizzato il suo impegno civile, mai ostile e sempre accogliente, anche nei momenti più drammatici dello scontro e della contrapposizione.
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