« - Ma la mafia ucciderà anche noi?
- Tranquillo. Ora siamo d’inverno. La mafia uccide solo d’estate. »
(Scambio di battute tra il padre e il piccolo Arturo, prima di andare a dormire)
“La mafia uccide solo d’estate” è un film sublime. Per quello che racconta, per come lo racconta. Il regista ed interprete, Pierfrancesco Diliberto, più noto come Pif (soprattutto per il suo passato di “Iena”), narra la storia di Arturo, ragazzino e poi giovane uomo palermitano la cui quotidianità è inevitabilmente scandita dagli eventi che negli anni ‘70, ‘80 e ‘90 hanno visto consumarsi lo scontro violentissimo tra la mafia e la politica corrotta e connivente da una parte e i difensori dello Stato dall’altra. Attraverso lo sguardo del ragazzino scorrono gli anni cruciali della “trattativa” tra Stato e mafia, su cui ancora oggi pesano fitte ombre. I campioni della legalità ci sono tutti, dal giudice Rocco Chinnici, al generale Dalla Chiesa, al commissario Boris Giuliano, sino a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Anche i mafiosi, Totò Riina, Bernardo Provenzano, con la loro ignoranza e povertà morale. Unico grande assente, evocato per tutto il film, Giulio Andreotti, domina la scena a distanza in tutta la sua sinistra grandezza.
E’ un film imperdibile, sia per quanti di noi hanno ricordi ben vividi di quegli anni e di quegli uomini, sia per i più giovani che potranno venire a conoscenza di momenti drammatici della nostra storia nazionale narrati con una ironia ed una capacità di far sorridere senza nulla togliere alla durezza ed alla serietà dei fatti. La Mafia uccide solo d’estate possiede la rara capacità di dire con leggerezza verità dolorose, inoculando il dubbio, salutare, che ribellarsi al conformismo è possibile.
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