Dietro il Duomo la piccola area destinata ai giochi per i bambini, compresa fra la continuazione di Via Alberton del Colle e le mura, è intitolata Largo don Faustino Lucardi pievano di Venzone.
Pochi ormai conoscono le ragioni di questa dedica e la targa indicativa, affissa sulle mura, riporta soltanto gli anni di nascita e di morte del personaggio.
Come abbiamo avuto modo di ricordare in questo giornale nel numero di Aprile 2011, don Lucardi in quel luogo fu trucidato dai tedeschi in ritirata, per motivi sconosciuti sui quali si cerca ancora di far luce.
Una targa di pietra, inserita fino al 1976 nel muro di recinzione del sagrato recitava: “Qui il 3 maggio 1945 colpito da piombo tedesco mons. Faustino Lucardi donò la vita per salvare i suoi figli diletti che riconoscenti piangono e pregano pace - Venzone 30.11.1945”. Sappiamo che fu recuperata (nella foto sopra il suo stato attuale) e riteniamo opportuno proporre di ricollocarne copia nel luogo esatto del sacrificio.
Di seguito riportiamo il racconto di un nostro compaesano che ha conosciuto il pievano ed era presente in quel tragico momento. La cronaca volutamente scarna tradisce la sorpresa e l’angoscia che hanno paralizzato il testimone di fronte all’evento.
In prossimità della ricorrenza della tragica morte di Mons. Faustino Lucardi mi è stato gentilmente chiesto di scrivere alcune righe per ricordarlo e per onorare il sacrificio che compì per salvare Ia sua gente alla quale era molto affezionato.
Ho conosciuto mons. Lucardi al mio rientro dalla Francia nel 1941. Era una persona di aspetto austero, ma amava dialogare con la gente e cercava di conoscere a fondo i suoi parrocchiani. Quasi ogni giorno usciva di casa e percorreva le vie del paese, desideroso di incontrare qualcuno. Una volta alla settimana dava lezioni di catechismo presso la casa di riposo.
Era di carattere impulsivo, specie quando le suore non lo ascoltavano. La domenica, durante la messa, faceva chiudere le porte del Duomo, poi rimproverava il cappellano don Tullio, il quale era solito suonare all’organo motivi troppo allegri alla fine della messa.
Voglio ricordare l’episodio che si riferisce all’incontro che ebbi con Mons. Lucardi. Era il 29 aprile 1945, pioveva a dirotto da giorni, le truppe tedesche erano in ritirata. Mons. Lucardi ricevette un ordine dal comando tedesco: doveva recarsi ai Rivoli Bianchi per un abboccamento.
Quel giorno, uscito di casa, mi ero diretto a sud, fino in fondo al paese e appena oltrepassato l’arco delle mura mi ero fermato. Non c’era nessuno in giro ma notai che qualcuno avanzava venendo dal bivio, era Mons. Lucardi che si fermò davanti a me. Aveva la tonaca bagnata e sporca di pantano, la barba lunga e lo sguardo smarrito: “Monsignor -gli dissi- dobbiamo scappare oppure rimanere in paese?” Lui mi rispose: “Fate come volete, posso assicurarvi che Venzone non verrà bombardata.”
Ultimo giorno: 3 maggio 1945. Vidi Mons. Lucardi e il maggiore tedesco uscire dalla porta nord-est del Duomo e dirigersi verso via Stella, io li seguivo appena dietro. Scesero i tre scalini, voltarono a sinistra, passarono la volta del giardino del signor Madrassi, poi di nuovo a sinistra in via Alberton del Colle.
Mi ero fermato nel sagrato vicino alla Cappella di San Michele e sentii due spari, corsi verso il muretto e da sopra vidi Mons. Lucardi esanime al suolo. Dopo un attimo di paura mi avviai verso casa, scesi gli scalini che immettevano in via Stella, mi trovai davanti al maggiore tedesco che teneva ancora la pistola in mano. Dopo un attimo di reciproca sorpresa, mi fece segno di andare a casa.
Roberto Maieron.
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