23 maggio 2011

IL SENSO DEL RICORDO



Dopo 35 anni è del tutto lecito porsi la domanda se sia ancora il caso di parlare del terremoto del 1976, se non sia il caso di lasciare pian piano cadere le commemorazioni nei ricordi flebili legati ad una semplice data lontana.

Non crediamo lo sia se colleghiamo quella particolare data agli eventi della Storia, perché di Storia in effetti stiamo parlando ed è una Storia che ci ha segnato così profondamente da diventare uno spartiacque nella nostra esistenza.
Ma oltre alle storie personali che ognuno di noi ha vissuto e conserva nel suo intimo, il terremoto del 1976 ha segnato molto da vicino anche il nostro paesaggio, i nostri paesi e i loro monumenti, cambiandone la fisionomia.
La nostra cittadina senza il sisma del 1976 non sarebbe quella che appare oggi; il nostro paese senza quell’evento non sarebbe visitato da centinaia di turisti ogni anno; senza la ricostruzione, proprio così come è stata fatta, la storia di Venzone sarebbe completamente diversa, il suo nome non sarebbe apparso su giornali e riviste, anche e soprattutto specialistiche, e magari la Festa della Zucca non avrebbe avuto tutto il successo riscontrato in questi anni.
La Storia deve essere tramandata di generazione in generazione, non soltanto con  intento celebrativo, ma soprattutto con senso di responsabilità civica, così da permettere, anche a chi non era ancora nato nel 1976, di essere a conoscenza di eventi tanto importanti per i luoghi in cui abita.
E’ certo infatti che un ragazzo può riuscire ad immaginare un domani per sé e per l’ambiente in cui vive solo se la storia di quest’ultimo diventa un tutt’uno con la sua.
Così, noi che eravamo giovani o bambini nel 1976, oggi abbiamo il dovere morale di far nostra e tramandare questa Storia, prima che vada persa del tutto, perché solo lasciando anche ai nostri figli la ricchezza degli eventi vissuti, e solo diventandone consapevolmente orgogliosi, riusciremo ad immaginare il futuro che più si addice a Venzone.
Il futuro di un paese affonda le proprie radici nel suo passato. E, come diceva Indro Montanelli, “un paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani”
Purtroppo, in tempi in cui gli eventi si susseguono con una rapidità estrema, si rischia di perdere il senso di questa responsabilità e proprio noi venzonesi, che ogni giorno dovremmo essere grati a chi, lottando contro leggi, impedimenti e spesso interessi meschini, ha voluto il nostro paese così come noi oggi lo vediamo, rischiamo di dimenticarcene.
A volte colui che possiede un tesoro non si accorge del suo capitale, così noi rischiamo di sottovalutare il potenziale del nostro paese e di considerarlo una cosa normale e scontata, con il rischio, nel corso degli anni, di far perdere valore a questo patrimonio.

Non a caso, a volte, si ha la percezione che chi visita occasionalmente Venzone rimanga senza parole davanti al risultato della ricostruzione, ai monumenti, ricomposti come erano e dove erano; a volte si ascolta tale stupore farsi domanda esplicita sul perché questo monumento storico non venga valorizzato adeguatamente e questa sua unicità non ne diventi la linfa vitale.
Forse, per riacquistare questa consapevolezza dovremmo rivolgere lo sguardo alla sorte cui va incontro un centro storico distrutto due anni fa da un altro terremoto. Stiamo parlando de L’Aquila dove i cittadini e i rappresentanti politici stanno lottando proprio per riavere il centro storico dov’era e com’era, per potersi di nuovo riconoscere in esso, per riacquistarne l’anima.
Anche se la ricostruzione del Friuli viene sempre portata ad esempio, evidentemente non ha lasciato molte tracce se in uno Stato dal patrimonio artistico inestimabile ed invidiato in tutto il mondo, messo a rischio quotidianamente dall’elevato grado di sismicità, si trovano ostacoli burocratici e miopie politiche che impediscono di ripetere ciò che qui è stato possibile realizzare. Anche questa vicenda può essere letta, con senso critico, come una dimostrazione che noi abbiamo lasciato scorrere la storia del terremoto senza radicarla dentro noi stessi.



Sarebbe bello se noi friulani, ma in particolare modo noi venzonesi, ci rendessimo davvero conto di cosa abbiamo quotidianamente sotto gli occhi e imparassimo a rivalutarlo, così da diventare una forza per altre comunità colpite dalla stessa sorte e, perché no, anche per farci portavoce di una coscienza civica che porti il nostro esempio a diventare prassi.

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